Spesso, quando ci troviamo a spiegare che cos’è la Sindrome di Asperger, ci troviamo ad elencare le varie caratteristiche che la contraddistinguono. Goffaggine, particolare tono della voce, sensibilità a luci e suoni, scarsezza di empatia: tutte caratteristiche che aiutano ad identificare un bambino Asperger.
Tra tutte queste caratteristiche una di quelle che creano più critiche è proprio la scarsezza di empatia. Facciamo chiarezza: l'empatia è la capacità di capire lo stato d'animo di un'altra persona, praticamente è la capacità di "mettersi nei panni dell'altro", ma c'è anche dell'altro. L’empatia può assumere vari significati e non è corretto utilizzare una sola parola per vari concetti.
Nouchine Hadjikhani in un suo articolo riesce a spiegarlo bene
Esistono due principali tipi di empatia, che possiamo chiamare cognitiva ed affettiva. L’empatia cognitivia è la capacita che abbiamo di assumere la prospettiva di qualcun altro. E’ una cosa piuttosto complicata da fare, poiché ci richiede di ignorare il nosto punto di vista e la nostra conoscenza di come vediamo il mondo da un’altra prospettiva.
Alcuni la chiamano anche teoria della mente.
Essere in grado di capire gli stati mentali di altre persone è importante per comprendere o prevedere il loro comportamento. Sappiamo quali aree del cervello sono maggiormente coinvolte nell’empatia cognitiva ( la corteccia prefrontale mediale, la giunzione temporo-parietale destra e il solco temporale superiore). Le persone autistiche hanno difficoltà con l’empatia cognitiva e talvolta possono avere difficoltà a vedere le cose dal punto di vista di qualcun altro.
L’empatia affettiva ti fa condividere i sentimenti della persona con cui interagisci o osservi. E’ il processo attraverso il quale sussultiamo nel sentire la storia di una persona che si schiaccia le dita in una porta, o quando vediamo una persona che si infila una siringa nel braccio.
Studi di brain imaging hanno dimostrato che tutte le aree che si attivano quando si avverte dolore (nota anche come matrice del dolore) si attivano anche in una certa misura quando si osservano o si pensano questi eventi dolorosi. Questa capacità di “soffrire con qualcuno” non è alterata negli individui autistici, che sono sensibili come il resto delle persone alla percezione di chi esprime dolore. Effettivamente, possono essere anche più sensibili dei neurotipici, anche perché per loro è difficile prendere le distanze.
Finchè si userà una sola parola per esprimere due realtà molto diverse avremo difficoltà a capirci e comunicare. Saremo confusi leggendo cose opposte, come, da un lato, che “l’empatia è una cosa negativa che esclude il pensiero razionale” (Paul Bloom) e, dall’altro, che c’è un programma per migliorare la nostra empatia in 5, 6 o 7 passaggi.
I concetti chiaramente definiti sono estremamente importanti se vogliamo smettere di diffondere confusione, così come evitare di parlare con nozioni diverse usando una sola parola. Dobbiamo riconoscere che l’autismo non è un disturbo dell’empatia, ma piuttosto una condizione in cui l’empatia cognitiva è ridotta, mentre l’empatia affettiva è aumentata, il che può portare a vivere situazioni molto stressanti nella vita di tutti i giorni.
E, a proposito, è stato recentemente pubblicato un nuovo documento (Stockdale et al. SCAN 2017) che ha mostrato che i giocatori frequenti di videogiochi violenti hanno ridotto l’empatia affettiva rispetto ai giocatori poco frequenti. Qualcosa di cui dovremmo preoccuparci….
Nouchine Hadjikhani